Leoluca Criscione e la sua Corleone
LUNEDÌ 29 AGOSTO 2011
Lo scorso 8 giugno, in Svizzera, la Console Generale d'Italia a Basilea, Gaetana Farruggio, ha consegnato al prof. Leoluca Criscione, emigrato corleonese, l'onorificenza di «Ufficiale al merito della Repubblica Italiana», che gli era stata conferita il 27 dicembre 2010 dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. La motivazione dell'onorificenza è basata sui meriti scientifici del prof. Criscione, che ha contribuito alla scoperta di uno degli ormoni (neuropeptide Y) che regola l'appetito e del farmaco più venduto dalla Novartis (combatte l'ipertensione), e sulla sua lunga attività di volontariato in favore della comunità siciliana e italiana emigrata in Svizzera. «L'unica motivazione che mi ha indotto ad accettare questa onorificenza - ci dice Leoluca Criscione - è stata quella di poterla dedicare ai più di 25 mila Corleonesi sparsi nel mondo. Infatti, il mio discorso, dopo la consegna della medaglia da parte del Console di Basilea, si è concluso, annunciando la dedica ai Corleonesi nel Mondo». Criscione oggi ha 65 anni, da tanto tempo abita in Svizzera, ma appena può non rinuncia mai a fare un salto a Corleone. Nonostante sia partito tanti anni fa in cerca di fortuna, al suo paese è rimasto molto legato. E, nonostante tutto, nonostante le diffidenze che per anni ha suscitato il nome di Corleone nel mondo, Criscione resta orgoglioso della sua città origine. «Certo - conferma con decisione - perché non possono essere le vicende (seppure terribili) di mafia degli ultimi 150 anni ad offuscare la storia più che millenaria della nostra città». Criscione ama Corleone, nonostante tutto. Nonostante l'essere corleonese gli abbia procurato anche disagi e sofferenze. In primo luogo perché l'ha costretto ad emigrare, ad andare via da ragazzo dalla sua terra. E poi per tutti gli ostacoli e i disagi aggiuntivi, che ha dovuto affrontare negli anni. Ce ne racconta alcuni. «Nel 1980 - dice - la "Cornell University" di New York mi ha concesso un posto di specializzazione nell'Istituto di Neurobiologia, "nonostante" nel mio curriculum vi fosse scritto "nato a Corleone". Però, l'accoglienza a New York fu tutta caratterizzata dalla particolarità del mio paese di nascita. Infatti, il primo giorno in istituto fui presentato ai colleghi con questa frase: "Venite, venite, è arrivato don Corleone!". Dodici anni dopo, nel 1992, si svolse a Madrid un congresso mondiale sull'ipertensione, a cui parteciparono circa 15 mila specialisti di tutto il mondo. Io fui scelto per fare una presentazione orale del mio lavoro. Un bel riconoscimento, perché solo 50-60 lavori - su più di 3-4 mila presentati - furono scelti per una presentazione orale. Dopo il mio intervento di presentazione, si avvicinarono dei colleghi degli Stati Uniti per chiedere ulteriori e dettagliate spiegazioni. Loro, infatti, avevano provato a fare lo stesso lavoro, ma non erano riusciti nell'intento. Subito capirono dove avevano sbagliato ed hanno cominciato a ringraziarmi per le spiegazioni che avevo dato loro. Poi, finita la discussione scientifica, come spesso accade, si passò al "privato". E, nonostante la mia esperienza del 1980 a New York, alla domanda: "Ma tu da dove vieni?", risposi (e rispondo) a tamburo battente: "Sono di Corleone e lavoro in Svizzera!". Nel sentire "Corleone", i colleghi rimasero sbalorditi. Dopo qualche secondo, uno esclamò: "Nice, joke!" ("Scherzi, è un gioco!" - ndr). Ed io: "Che joke e joke, io sono di Corleone e voi siete venuti a chiedermi delucidazioni scientifiche, tutto qui!". Ed insistetti nel chiedere loro se dopo la rivelazione delle mie origini, la mia informazione scientifica assumesse un altro valore. Al che si sono scusati, ma non finivano di menzionare il film "Il padrino"». Si tratta di due episodi, che la dicono lunga sulla particolarità dell'esperienza di "scienziato corleonese" di Leoluca Criscione."Però, negli ultimi anni - constata Criscione - i cittadini di Corleone hanno saputo avviare un processo di riscatto civile, ammirato e rispettato in Europa e nel mondo". Criscione è convinto che i circa 25 mila corleonesi sparsi in tutto il mondo (più dei corleonesi rimasti a Corleone, che oggi sono appena 11.300) potrebbero fare la fortuna della loro città d'origine. "Basterebbe stimolarli, con gli strumenti adeguati, ad acquistare i prodotti alimentari genuini e tipici dell'agricoltura corleonese…".
Dino Paternostro
horacontessa.entellina alle 14:16