Mario Ravidà: “non conoscevo queste dichiarazioni di Di Pietro”
Ringrazio Mario Ravidà per avere preso spunto ed avere rilanciato ed approfondito i contenuti di un'intervista di Antonio Di Pietro, allorquando fa espresso riferimento al dossier dei ROS degli inizi degli anni Novanta su mafia-appalti ed alle stragi, evidenziando la stretta correlazione tra Mafiopoli e Tangentopoli.
Intervista all'uomo simbolo di 'Mani Pulite' che avevo semplicemente postato su Facebook.
Ne è nata una feconda discussione, condivisa anche da altri che di seguito in parte riportiamo.
Queste sono le considerazioni in proposito di Mario Ravida…
<<Non conoscevo queste dichiarazioni di Di Pietro. Quello che dice e' gravissimo e potrebbe qualora venisse seguita questa pista, dare una duplice motivazione per le stragi ed in particolare quella di via D'Amelio.
Non mi sto rimangiando o cambiando quello che ho sempre scritto e cioe' che Borsellino e' stato trucidato per non svelare la trattativa stato-Mafia, ma ho scritto anche, piu' volte, che quel rapporto di 800 e passa pagine fatto dal ROS possa essere stata la doppia motivazione della strage. C'e' anche da capire se quel rapporto di 890 pagine fatto dai ROS e' lo stesso di quello denominato "mafia e appalti" o se e' un rapporto diverso come afferma sempre Di Pietro!
Resta sempre da Chiarire perche' quel rapporto denominato "mafia e appalti" venne sezionato ed epurato di alcuni nomi dai ROS? perche' mai nessuno ha inquisito il Procuratore Giammanco che a dire di Di Pietro chiuse il rapporto ( se e' quello msfia-appalti) in cassaforte senza effettuare indagini? E perche' venne archiviato sia a Catania che a Palermo dopo la morte di Borsellino? Ma soprattutto chi lo archivio' e perche'? https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=3184567218514427&id=100008835402809
Caro Salvatore Petrotto, intanto grazie per avere il coraggio di scrivere quello che tanti dovevano scrivere/evidenziare e non l'hanno mai fatto. O se l'hanno fatto, hanno omesso di raccontare retroscena e fatti che oggi, a distanza di circa 40 anni, stanno emergendo creando ulteriori difficoltà per comprendere cos'e' e cosa e' stato questo paese da sempre; quali forze realmente lo hanno governato e quali sono i veri interessi che si celano dietro tutte le stragi. Siano esse apparentemente di origine sovversiva o di origine di mafiosa.E ' proprio vero, la verita' per queste vicende non e' mai quella che appare ma nasconde retroscena indicibili relativamente ad un mantenimento del potere politico da sempre esistito e che non e' mai quello che i cittadini votano per farsi governare. Dietro le stragi di mafia e di mafia-stato, servendosi di estremisti di destra o di sinistra c'e' sempre stata una volonta' governativa, complice di voleri esteri e Americani che hanno organizzato e portato a termine stragi e attentati per mantenere il potere politico Italiano in uno stato di servilismo come da volonta' estere. Da una prima lettura dei fatti, chi non li conosce approfonditamente, potrebbe chiedersi perche' chi vuole mantenere il potere politico di sempre organizza stragi? La risposta la troviamo in quella "strategia della tensione" che tende ad innescare un clima di terrore tra i cittadini per far sì che nulla cambi politicamente; poiche' si deve innescare nell'opinione pubblica il convincimento che tali stragi sono volute da quelle politiche che vogliono cambiare le cose nella Nazione e il cambiamento passerebbe attraverso omicidi e stragi che in realta' sono organizzati da coloro che invece vogliono che nulla cambi, politicamente parlando, innescando proprio un clima di terrore. A quanto detto, dobbiamo necessariamente evidenziare come tali trame politiche stragiste tendono anche a mantenere il potere perche' "affari mafiosi" e politici si possono facilmente fare in un contesto in cui realmente a governare sono tutti quei politici, mafiosi, massoni e gruppi di potere, appartenenti ad uno stato parallelo che mette tutti d'accordo intorno ad un duplice fine: "il potere e il denaro"! Ecco che emerge, quindi, quello che e' il vero interesse in complicita' di imprenditori; di mafiosi di vertice; di forze straniere che hanno interesse nel territorio italiano per scopi militari; di gruppi imprenditoriali-mafiosi che si aggiudicano tutti gli appalti milionari; del riciclaggio di denaro attraverso gruppi industriali in complicita' di istituti bancari della nazione e di stati vicini come il Vaticano; Svizzera; Monte Carlo e San Marino. Questi ultimi istituti bancari esteri, servono a riciclare tutte quelle enormi somme derivate da attivita' illecite mafiose e politiche. Capirete come in tale contesto a pagarne le spese di tutti queste trame e' sempre il cittadino inerme che nulla sa e nulla deve sapere per occultare questo enorme contesto mafioso, di stato e di professionisti dell'economia, per continuare ad arricchire gruppi di potere e mantenere il potere politico di sempre. Ecco che allora chi arriva vicino a svelare tali strategie economiche occulte deve essere immediatamente eliminato per non compromettere " il sistema" utilizzando complici di stato, di mafia, dell'informazione e di gruppi paramilitari che fanno capo a Voleri occulti nazionali e Atlantici! Questa intervista di Di Pietro che non conoscevo, svela come tutto questo sistema sopradescritto, fu messo a rischio dall'indagine denominata "mani pulite" che mise in crisi il potere politico e quello imprenditoriale con i numerosi arresti effettuati. Nel contempo, a mettere in crisi il sistema mafioso, fu Falcone e Borsellino che con le dichiarazioni di Buscetta, riuscirono ad incarcerare e far condannare, non evitando sacrifici umani (Giudice Antonio Scopelliti), tutti i vertici del sistema mafioso, disarticolando la cupola di Riina. Qui si innescano le vendette stragiste di Riina e di complici politici che dal loro punto di vista mafioso non hanno torto, poiché si sentono traditi da quello stato che non ha saputo/potuto piu' proteggerli visto gli "affari" che da sempre hanno mantenuto con l'accordo con il potere politico-imprenditoriale-massonico!
La mafia, oltre ad attaccare lo stato con le stragi e gli omicidi eccellenti e la complicita' di quelle forze politiche ( FI) che volevano sostituirsi a quelle da sempre esistite, cerca di farsi essa stessa stato con il tentativo di far nascere le "leghe meriodionali" che dovevano prendere il potere politico nel sud Italia sostituendo quei politici chi non avevano piu' saputo/potuto proteggerli con la contemporanea azione di Di Pietro "e i suoi".
Nel rapporto mafia-appalti emergerebbe, dice Di Pietro, che avrebbe potuto insieme a Falcone e Borsellino disarticolare questo "sistema" politico e di potere imprenditoriale e mafioso ma la reazione di tali forze occulte e dei loro complici Istituzionali e' stata l'eliminazione dei pericoli che costituivano tali indagini con le morti prima di Falcone e poi di Borsellino. Per quest'ultimo vi e' stata un'accelerazione per la sua eliminazione perche' stava per svelare anche gli accordi mafia-stato in ordine alla trattativa in essere tra lo stesso stato e il potere mafioso per far finire il periodo stragista.
In effetti, tutto fini' quando a prendere il potere fu Forza Italia con la quale forza politica potevano continuare gli "affari di sempre".
Tutte le morti di imprenditori, falsi suicidi, omicidi e di nuovi possibili collaboratori pericolosi per tale "sistema" sono "effetti collaterali" inevitabili. >>.
Ad ulteriore integrazione e commento alle riflessioni di Ravida, avevo aggiunto quanto già pubblicato su questo blog Italyflash in precedenza e che ha contribuito a dare la stura ad una discussione che andrebbe ulteriormente approfondita, possibilmente attraverso una serie di convegni su questi scottanti temi che sono, purtroppo, sempre di grande attualità.
Quello che segue è uno stralcio relativo ad altri dati e circostanze strettamente correlati con la discussione su Mafiopoli e Tangentopoli…
<<Interrogatori dei magistrati Pignatone e Scarpinato al 'Borsellino quater', il processo sul depistaggio relativo alla strage di via D'Amelio. Si parla del dossier mafia-appalti. Gli anni sono il 1991 ed il 1992. Al minuto 29 l'avvocato di parte civile della famiglia Borsellino Trizzino riferisce, rivolgendosi al magistrato in pensione Pignatone, che non può far altro che confermare, che il padre, Francesco Pignatone, nella sua qualità di presidente dell'ESPI, una società pubblica della Regione Siciliana, controllava la SIRAP, ovvero la grande impresa che allora ha gestito appalti del valore di mille miliardi delle vecchie lire, di cui il Pignatone figlio si stava occupando a livello processuale. L'ex procuratore di Roma Pignatone, attuale presidente del Tribunale del Vaticano, quando faceva parte del pool antimafia di Palermo, per queste anomalie fu sottoposto ad indagini presso il Tribunale di Caltanissetta. Il reato che gli fu contestato riguardava una presunta fuga di notizie, relativa proprio al processo mafia-appalti, di cui sino a novembre del 1991 egli si è occupato e nell'ambito del quale era stato tirato in ballo suo padre. La sua posizione venne archiviata ma l'indagine nel frattempo gli è stata tolta di mano.
Qualcosa di simile, in tempi più recenti, al Pignatone, gli è capitata anche a Roma, quando il magistrato Fava stava indagando sul caso Amara, l'avvocato dell'ENI, attualmente in carcere e che aveva fatto conferire degli incarichi dall'ENI al fratello dell'allora procuratore di Roma. In questo caso, di concerto con la Procura della Repubblica di Perugia, venne tolta l'inchiesta al sostituto che si era accorto del coinvolgimento nel caso Amara del fratello di Pignatone. Ed anzi, fu lo stesso Fava a finire sotto inchiesta.
Poi, anche a seguito di questa vicenda, scoppiò il caso Palamara. Da 'Amara a Palamara', è tra l'altro anche il titolo del libro del giornalista Enzo Basso, pubblicato qualche anno prima che uscisse il libro intervista di Sallusti con l'ex magistrato ed ex presidente dell'Associazone NazionaleMagistrati Luca Palamara 'Il Sistema'. Sia Basso che Sallusti, ma anche altri giornalisti si sono occupati abbondantemente di storie a volte incredibili che riguardano alcune decine di magistrati che hanno monopolizzato e condizionato pesantemente l'intero ordine giudiziario, CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) compreso.
https://www.radioradicale.it/scheda/653373
https://www.radioradicale.it/scheda/653373/processo-a-mario-bo-ed-altri
Interrogatori dei magistrati Pignatone, Scarpinato e Lo Forte sul dossier mafia-appalti.
Anche quest'altra vicenda relativa ai fratelli Salamone di Agrigento, uno magistrato ed uno imprenditore riteniamo che abbia una qualche attinenza sempre con le tragiche e controverse motivazioni che stanno alla base di una serie di manovre eversive, o semplici sviste e/o voluti depistaggi, per impedire la ricerca di determinate verità riguardanti la notte della prima e della seconda Repubblica…
QUESTA POTREBBE ESSERE UN'ALTRA ULTERIORE SPIEGAZIONE DEL PERCHÉ IL DOSSIER MAFIA-APPALTI È STATO INSABBIATO.
ESSA RIGUARDA LA VICENDA DI UN ALTRO MAGISTRATO, AGRIGENTINO. SI CHIAMA FABIO SALAMONE.
IL FRATELLO DEL MAGISTRATO FABIO SALAMONE, FILIPPO, IMPRENDITORE, PRATICAMENTE A PARTIRE DAL 1992, PER SUA STESSA AMMISSIONE, DOPO L'OMICIDIO DI SALVO LIMA HA PRESO IL SUO POSTO, DISTRIBUENDO INTORNO A TRENTA MILIARDI DI VECCHIE LIRE DI TANGENTI. È REO CONFESSO, È STATO CONDANNATO.
FILIPPO SALAMONE HA PURE DICHIARATO DI AVERE DATO UNA TANGENTE DI ALCUNE DECINE DI MILIONI DI LIRE, LIQUIDI E BUONI BENZINA, ANCHE ALL'ALLORA SEMPLICE PARLAMENTARE NAZIONALE SERGIO MATTARELLA. IL MATTARELLA HA AMMESSO DI AVERE RICEVUTO DEI SOLDI DAL SALAMONE, SOSTENENDO CHE IN REALTÀ SI TRATTAVA DI TRE MILIONI DI LIRE. GRAZIE AL FATTO CHE L'IMPORTO DELLA TANGENTE ERA DI GRAN LUNGA INFERIORE RISPETTO A QUELLO DICHIARATO DAL SALAMONE, MATTARELLA, AI SENSI DELL'ALLORA NUOVA LEGGE SULLA DEPENALIZZAZIONE DEL REATO DI FINANZIAMENTO ILLECITO AI PARTITI, NON FU CONDANNATO PER 'MODICA QUANTITÀ'. L'INCHIESTA SU MATTARELLA FU ALLORA CONDOTTA DALL'ATTUALE PROCURATORE GENERALE DI CAGLIARI, LUI PATRONAGGIO AL QUALE, CHI VOLESSE SAPERNE DI PIÙ, POTREBBE CHIEDERE ULTERIORI RAGGUAGLI.
DI SEGUITO RIPORTO UNO STRALCIO DELL'INTERROGAZIONE SUL CASO DI PIETRO- FRATELLI SALAMONE. UNO CON LA TOGA, FABIO E L'ALTRO CON LA LUPARA, FILIPPO.
Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro di grazia e giustizia. – Per sapere – premesso che: sono state presentate interrogazioni e sono state fatte pubbliche dichiarazioni, anche da parte del sottoscritto, denunciando il comportamento scorretto del pubblico ministero dottor Fabio Salamone nella istruttoria da lui compiuta nei confronti del dottor Di Pietro, nelle sue prese di posizione, nelle sue richieste e nei suoi commenti alle sentenze di assoluzione che sono conseguiti alle sue domande di rinvio a giudizio nei confronti dello stesso Di Pietro. Era stato chiesto, tra l'altro, il trasferimento da Brescia del citato pubblico ministero, ma non si e' avuta alcuna notizia, a tal proposito, ne' da parte del Ministro di grazia e giustizia, che non ha risposto alle interrogazioni parlamentari, ne' da parte del Consiglio superiore della magistratura; la situazione cosi' come e', appare molto grave, perche' il coinvolgimento del dottor Fabio Salmone con le pesanti vicende giudiziarie del fratello Filippo, condannato con due patteggiamenti a oltre due anni di galera, anche per associazione a delinquere, aveva determinato delle denunce da parte della magistratura di Agrigento senza che il pubblico ministero avesse tratto conclusioni doverose di astenersi sul caso Di Pietro; infatti, trasferito su richiesta alla procura di Brescia, egli ha voluto ignorare le importanti iniziative giudiziarie e di indagine operate dallo stesso Di Pietro nei confronti del fratello e, quasi procedesse con insolito accanimento, faziosita' e spirito persecutorio, non ha voluto astenersi nella procedura contro l'ex giudice Di Pietro e, a parere dell'interrogante, ha dimostrato nei fatti e nelle parole, di volersi "vendicare", di quanto aveva fatto Di Pietro contro il proprio fratello, agendo, Di Pietro, secondo giustizia; il fatto nuovo nasce dalla denuncia fatta dal dottor Di Pietro, inviata al procuratore generale presso la Corte d'Appello di Brescia in data 22 aprile 1996, molto circostanziata, con parecchi allegati di documentazione predisposti contro il dottor Salamone, nei termini seguenti: sulla questione dell'astensione, e con una nota di cronaca circa il trasferimento del dottor Salamone a Brescia Di Pietro ripercorre la vicenda circa i fatti per i quali e' stato incriminato e condannato Filippo Salamone, con tutti i dettagli, le implicazioni e i personaggi legati alla politica e alla mafia, circostanziando persino le fonti di prova contro Filippo Salamone e, cosa assai rilevante, i riscontri dell'attivita' istruttoria svolta da Di Pietro contro Filippo Salamone….
Quest' ultimo spunto di riflessione che ci offre la rilettura della vicenda Salamone oggi rischia di risultare molto urticante e pericoloso per chi ne parla…
LA CONFESSIONE: "50 MILIONI A MATTARELLA"
Anche il nome del deputato Sergio Mattarella, divenuto commissario regionale della DC dopo la uccisione del fratello Piersanti, presidente della Regione Sicilia, attribuita alla mafia tra molti misteri irrisolti, era già comparso nei verbali d'interrogatorio prima del blitz.
Il 21 aprile, infatti, Salamone aveva già accennato all'episodio di un contributo: «Altro uomo politico che ha goduto della mia stima è stato l'onorevole Sergio Mattarella al quale in occasione delle elezioni politiche del 1991 ho fatto pervenire un contributo di lire 50.000.00; tuttavia mi preme rilevare che il Mattarella benché uomo politico impegnato nel rinnovamento è un soggetto che poco si è impegnato direttamente per favorire la spesa pubblica in Sicilia.
In quell'occasione fece il grossolano errore di riferirsi al 1991 anziché alle elezioni del 1992. Ma nei successivi interrogatori illustrò dettagli e motivazioni.
«In tale quadro si inserisce anche un'attività per così dire "preliminare" del Salamone, rispetto a quella principale di cui, in via di estrema sintesi, si è finora detto. Il Salamone ha infatti svolto anche un'opera intesa ad aprire nuovi "canali di comunicazione" con esponenti politici diversi rispetto a quelli abitualmente conosciuti. E' questo il caso dell'onorevole Sergio Mattarella, al quale l'imprenditore ha dichiarato di aver corrisposto un finanziamento complessivo di lire 50.000.000 nell'imminenza del rinnovo delle Camere nella primavera del 1992 si legge sempre nell'atto parlamentare n. 552 del 9 agosto 1993.
Ma è nell'interrogatorio del 7 giugno 1993 che l'imprenditore diventa un usignolo capace di calibrare al meglio tutte le intonazioni: «In ordine ai finanziamenti all'onorevole Sergio Mattarella devo precisare che questi mi fu presentato da un mio compagno di scuola, oggi funzionario regionale, in quanto era mio intendimento avere buoni rapporti anche con altri esponenti della sinistra DC di rilievo. L'incontro con il Mattarella avvenne presso il suo studio di via Libertà, alla presenza dell'allora Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Nell'occasione si parlò genericamente dei problemi dell'imprenditoria siciliana "sana" e l'Orlando mostrò la sua soddisfazione per essere riuscito a risolvere il problema degli appalti delle "manutenzioni" del Comune di Palermo.
«Successivamente ho incontrato il Mattarella presso un centro studi di via del Tritone a Roma. In questa occasione mi sono detto disponibile a sostenere la campagna elettorale dello stesso Mattarella. Così nel marzo 1992 ho consegnato presso l'abitazione di via Libertà del parlamentare, la somma di lire 50milioni, di cui 40milioni in contanti e 10 milioni in "buoni benzina", dei quali mi riservo, ove possibile, di indicare specie e numero di serie» riferì lo stesso Salamone ai magistrati menzionando anche il particolare di aver notato sulla parete della casa il quadro di un paesaggio rurale di Lo Iacono che l'allora deputato Dc gli disse aver ricevuto in dono dal suocero.
Tratto da un nostro se ozio del primo aprile 2022 dal titolo:
Oscurate Gospa News Che Pubblica: "Assolto Per Modica Quantità" Riferendosi Al Presidente Della Repubblica Mattarella. Questo È Vilipendio!