Stato-mafia
Se avete la pazienza di ascoltare sentirete cose che riguardano lo stretto connubio tra la classe politica agrigentina, ed oltre, con massoneria e mafia. In assenza di qualsivoglia forma di democrazia, ecco spiegato nei dettagli come si fanno gli affari illeciti in qualsiasi settore, quali quello dei rifiuti, dell'acqua, dell'energia, della sanità, delle banche e di tutto quanto il tessuto socio-economico, produttivo e dei servizi.
Tutto quanto continua a succedere grazie ad una perenne trattativa Stato-mafia.
La mia è una cronistoria del rapporto mafia-politica, dai tempi delle stragi, di tutte le stragi. A partire da Portella della Ginestra, sino all'invenzione della mafia dell'antimafia, grazie al diuturno condizionamento degli uffici giudiziari da parte di alcuni apparati politici, da sempre coadiuvati dai servizi segreti italiani e stranieri.
Esordisco con i paracadutati della democrazia delle banane in Sicilia: l'amante di Berlusconi, il dentista di La Russa, il commercialista della Meloni, Stefania e Bobo Craxi, una a destra e l'altro a sinistra, l'ex segretaria della CISL e via via tutti gli altri nominati...
A tal proposito illuminante è un aneddoto di Leonardo Sciascia...
Il 5 dicembre 1984, Primo Levi scrisse a Leonardo Sciascia dopo aver letto il libro "Occhio di capra", dedicato a Racalmuto: a proverbi, modi di dire, vocaboli tipici del paese. Scrive Levi: "E' pio, nel senso latino, ed insieme 'affilato, acuto ed arguto' come i suoi personaggi; fra i quali mi pare che grandeggi, come una figura dantesca, il Salvatore Provenzano di 'ci sputassi vossia'."
Del personaggio Salvatore Provenzano ancora si conserva memoria a Racalmuto. Ecco la pagina di Sciascia: "Ci sputassi vossia. Ci sputi lei. Espressione ormai proverbiale, per dire di un'azione che si è costretti a fare anche se teoricamente, formalmente, si ha la libertà di non farla. Fu pronunziata da un certo Salvatore Provenzano, ex guardia regia (corpo di polizia, quello delle regie guardie, istituito da Nitti e sciolto da Mussolini), davanti al seggio in cui si votava il consenso o il dissenso al regime fascista. I componenti del seggio consegnavano al votante la scheda su cui, teoricamente, il votante era libero di scrivere 'sì' oppure 'no': ma di fatto le schede venivano consegnate con il 'sì' già scritto, per cui al votante altro non restava che leccare la parte gommata della scheda, chiuderla e imbucarla nell'urna. Accorgendosi dunque Provenzano che già era stato scritto un "sì" dove lui aveva intenzione di scrivere un 'no', si rifiutò di toccare la scheda: che la leccasse, chiudesse e imbucasse il presidente del seggio. Naturalmente, fu arrestato: ché sarebbe già stato offensivo dire al presidente di leccare la parte gommata della scheda, chiuderla e metterla nell'urna; ma dirgli 'ci sputi' era dimostrazione di assoluto disprezzo per il regime fascista. (Provenzano è morto una decina d'anni addietro. Era un uomo alto, asciutto, la faccia cotta dal sole. Vestiva sempre con giacca di velluto a coste, pantaloni da cavallante, gambali di cuoio. Viveva del reddito di una sua piccola campagna. Caduto il fascismo, non rivendicò mai il merito di essere stato antifascista)."